lunedì 29 agosto 2011

Riflessioni dopo i primi 6 mesi...

Sono passati ormai 6 mesi e qualche giorno da quando sono partita per l'America Latina. E che dire? Ho vissuto un po' di tutto...gioie e dolori, momenti stracarichi di quella felicità che ti fa quasi scoppiare il cuore e abissi bui di tristezza da cui sembra impossibile uscire. Disillusioni e nuovi sogni, 2 amebe intestinali e la salmonella, ho masticato foglie di coca e bevuto chicha da una zucca. Lima con il suo caos e La Paz con la sua magica altura. Tarija ricca di vino e musica, gli asentamientos (paragonabili alle favelas brasiliane) con i loro bimbi che giocano nella polvere, rabbia e lo stomaco stretto di fronte alla impossibilità di poter cambiare le cose, l'allegria dei "miei" bambini dell'EJACO e il nervoso quando fanno "i matti". Le lacrime quando penso che io ho avuto tutto e loro ogni giorno devono lottare per un pezzo di pane, la commozione quando ascolto le storie delle donne che vengono a scuola la sera. Solo alcune cose...scriverle tutte sarebbe troppo lungo...

Quello che ho capito in questi 6 mesi, che sono passati volando, è che il popolo boliviano è molto complesso, caratterizzato da grandi differenze culturali e linguistiche. Un boliviano di Tarija si sente molto diverso da un boliviano di La Paz o di Santa Cruz. C'è un forte razzismo interno che alle volte mi fa davvero rizzare i capelli...i bianchi sono discriminati da coloro che hanno la pelle scura e viceversa, e poi ci sono i mestizos, meticci, pura miscela di razze, che discriminano tutti gli altri... E' una reltà molto complessa. L'attuale presidente Evo Morales, autoproclamatosi difensore dei popoli indigeni boliviani e della Madre Terra, sembra non essere la persona che tutti hanno creduto...sta tradendo la fiducia del suo popolo, e per prima la fiducia di quei popoli indigeni che lo hanno eletto.
Ho capito che le persone qui ti guardano con molta diffidenza quando non ti conoscono, ma se riesci a guadagnarti la loro fiducia ti aprono le porte delle loro case e dei loro cuori.
Ho capito che questo paese,oggi il più povero dell'America Latina, è stato sfruttato per secoli dagli invasori per la sua enorme ricchezza di metalli e risorse naturali. Ricchezza che ha riempito le tasche di noi occidentali e ha lasciato la Bolivia nella più terribile miseria.
Ho capito che essere una donna in Bolivia è molto dura, perchè devi fare i conti con un maschilismo molto radicato nella società, con abusi, violenza, umiliazioni, e con l'indifferenza della società e della tua stessa famiglia. Quante donne ho conosciuto che non sanno neanche leggere, che hanno cresciuto i loro figli da sole, figli spesso avuti da uomini differenti, che hanno lavorato tutta la vita fin da quando erano bambine, 7 giorni su 7, facendo lavori molto pesanti e spesso disumani, senza però guadagnare abbastanza per comprarsi vestiti pesanti o scarpe chiuse con cui ripararsi dal freddo dell'inverno.
Ho capito che i bambini, quando nascono in una famiglia povera in questo paese, spesso sono destinati a non terminare gli studi, a lavorare per aiutare i loro genitori e a non poter uscire dalla spirale perversa della violenza e della povertà.
Avevo iniziato questo articolo volendolo scrivere ironico ed allegro...ma ha preso questa piega più realistica e un po' triste...mi dispiace. Vi lascio con una foto dei bambini dell'asentamiento che stanno venendo all'EJACO, sperando che la loro allegria, nonostante la loro vita difficile, possa essere per tutti un buono spunto di riflessione...

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